Il boschetto dei fiori di Antonimina

Pubblicata il: 25/07/2023

   Quando negli anni ’50 e ’60 i pastori di Antonimina scendevano a Locri, con la corriera di don Nicola Luverà o spesso a piedi, per vendere le ricotte nelle fiscelle che arrivavano ancora calde perché tenute a bagno nel siero e ricoperte da foglie di felci a volte venivano scherniti come “forisi”. Ma gli antoniminesi non se la prendevano perché in effetti loro non si sentivano a proprio agio in un contesto pseudo signorile, erano gente seria e puntavano al sodo badando di più a non essere ingannati da quelli della “marina. Hanno tirato dritto per la loro strada e si sono ambientati meglio sui sentieri di montagna forgiati dall’ambiente circostante che li ha resi essenziali e capaci! Non avendo alle spalle una grande storia da vantare e su cui trastullarsi come altri vicini di casa hanno avuto l’orgoglio e la passione per costruirsi un futuro e resistono arroccati alla timpa delle Prache che li difende dai venti rigidi di tramontana e maestrale e si affacciano sulla ionica da un balcone a 327 mt. seguendo con lo sguardo il corso della fiumara Gerace alle cui acque partecipano con numerosi displuvi e con quelle della fiumara Grottelle il cui canyon è  tra le 75 escursioni nei luoghi più belli d’Italia.

Ma Antonimina, che dota il Parco dell’Aspromonte col 51,50% del suo territorio ( 1170 ha) è un contenitore di numerose emergenze naturali ed anche storiche su cui val la pena di fare il punto e di investire da parte di chi ne ha la responsabilità. Cominciamo dal centro che conserva il nome di terrata riconducibile all’insediamento originario che sicuramente fu il ricovero delle greggi e la tradizione leggendaria aggiudica ad un pastore di nome Antonio Mina la sua fondazione, si ricordi che il cognome Mina è tra i più diffusi in loco. L’abitato di Antonimina appare  incorniciato da due parentesi graffe i torrenti Cortaglia e Micò che unendosi formano la fiumara di Antonimina, e attraversato lo stretto di Molinello diventa di Portigliola. Due corsi d’acqua sempre attivi che riservano emozionanti sorprese agli escursionisti, canyon, rocce modellate a forme di delfini, mammelle, teste di lupo. Sul Micò bocche di miniera di lignite picea ed una cava di solfato di bario in località Saramico; in località Patera dove esiste uno dei frantoi più antichi della zona contestualizzato da un ponte in pietra sicuramente altomedievale ma la cui tecnica costruttiva riporta ai Romani che utilizzavano questa via per raggiungere le fortificazioni di Bracatorta. Larga mulattiera ancora selciata di grande valenza ingegneristica oltre che storica dotata di aree di sosta per il riposo e risparmiata casualmente dall’opera insensata delle ruspe, avrebbe bisogno di molta attenzione.

Sul Cortaglia domina la rocca di Giliberto che si sfalda in continuazione creando quinte sempre differenti e nella parte terminale lo splendido Vasalu da Conca scivolo granitico con bagno finale nel laghetto naturale, la spiaggia degli antoniminesi. Vigilano sull’abitato due imponenti sentinelle: Rocca San Mauro a N.O.(mt. 836) masso di arenaria a grana grossa che troneggia contorta e modellata sulla vallata del Micò, interessante meta naturalistica e paesaggistica e protagonista di una leggenda del luogo da apprendere sul posto, Timpa della Donna e Rocca di Donacà .

In contrada Sulfurio esiste un antico palmento imponente scavato nella roccia a due vasche che varrebbe la pena di rendere fruibile ai visitatori. Un capitolo a parte meriterebbero le sorgenti che sgorgano nel suo territorio ed è proprio il caso di dire che Antonimina fa acqua da tutte le parti, ma in senso letterale, ci limitiamo a citare fra tutte quella che è risultata alle prove di laboratorio la migliore in assoluto tra le acque da bere, Bragatorto, che scorre incessante nella piazzetta accanto al cimitero alla cui fontana è stata apposta una piastra metallica con QR code a cui basta avvicinare lo smartphone per avere il risultato delle analisi effettuate a cura dell’Osservatorio Ambientale!

Ma quello che fa la differenza sono le acque termali che sgorgano nel suo territorio e che sono sfruttate a fini curativi fin dall’antichità, sono dette Acque Sante e classificate “acque termo minerali isotoniche, leggermente sulfuree-salso-solfato-alcaline con tracce di iodio” che affiorano alla temperatura costante di 32 gradi.   

Foto di A.Rocca

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Scritto da: Arturo Rocca

Presidente dell’ APS Osservatorio Ambientale Diritto per la Vita e guida CSEN di trekking

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