CIMINA'
dalle stelle alle stalle
Pubblicata il: 07/07/2023
Intraprendo da Ardore la strada per Ciminà e penso che mi appresto a giungere in un posto soleggiato dall’alba al tramonto e protetto dai venti da una cornice che va da Monte San Pietro (Tre Pizzi) a nord-est, a Monte Spuntone a sud-ovest, passando per Monte Petrotondo e Monte Antoninello e che fanno nel contempo da sostegno ai Piani di Moleti. Qui la natura si mostra lussureggiante e si fa guardare con occhio attento perché è tutta stesa come una tovaglia imbandita di ogni ben di Dio.
A cominciare dall’acqua di cui se ne possono scegliere da bere tra una consistente offerta: acqua calda, Nessì, acqua da pruppetta, acqua da caserma, u canalellu i Ielasi, acqua du medicu, acqua du Russu.
La fiumara di Gelsi Bianchi e il torrente Nessì cingono elegantemente monte Antoninello prima di riunirsi all’altezza del Carruso intorno ai 500 mt. di quota per poi dirigersi verso l’abitato a dar forza ai tanti mulini e frantoi disseminati sul suo corso. Il Nessì prima di omologarsi alla fiumara ci vuole regalare dei giochi d’acqua che da soli basterebbero ad attrezzare un parco. Sei salti, di cui uno di 18 metri, a coprire un dislivello di circa 120 metri che termina con una gola granitica levigata a sinusoide di grande valore scenico e con un effetto luminoso che la fa apparire di un grigio scuro che vira al blu. Sono le cascate Caccamelle, il nome richiama il pentolone che i pastori usano per fabbricare il formaggio e la ricotta, e sono raggiungibili attraverso un sentiero ricco di storia e di rarità botaniche. Percorrendolo si passa davanti ad uno stazzo dove si possono ammirare le architetture delle terrate ed imponenti muri a secco per il recupero di terrazze da coltivare.
Da Ciminà vi sono almeno tre sentieri che portano alla sommità del monte Tre Pizzi ( 708 mt.) ma uno, il più agevole, attrezzato è quello consigliato per affacciarsi come da un balcone sulla costa jonica e, volendo, fermarsi a pregare presso i ruderi di un’antica chiesetta mononavata bizantina. E’ un posto dello spirito e per me vale la pena di rinnovare l’usanza di salirvi il giorno di Santo Stefano o la notte del 10 agosto a rimirar le stelle cadenti. Le principali contrade sono Camuti, Fantò, Moleti, Quarantana e sono i luoghi dove principalmente si pratica l’allevamento della mucca podolica e della capra che vengono lasciate libere al pascolo per la maggior parte dell’anno e dal cui latte viene prodotta la specialità che ha fatto risalire la china a Ciminà, il caciocavallo P.A.T. ( prodotto agroalimentare tradizionale) e De.Co. (Denominazione Comunale).
Ciminà è la prova provata che si può produrre eccellenze anche in posti etichettati senza speranza e che invece a dispetto delle attese la speranza la generano e la trasformano in genuinità da condividere. Condivisione che c’è stata nell’ ultimo fine settimana di luglio all’Expo di Milano 2015 e che ha fatto registrare in solo 2 giorni circa 150.000 visite allo stand calabrese.
“ Il caciocavallo si produce in questa zona da tempi immemorabili”, spiega Slow Food, aggiungendo che il caciocavallo trova “il suo antenato nel kaskaval, una pasta filata prodotta ancora oggi dalla Macedonia alle isole dell’Egeo, la cui origine ci porta direttamente alle popolazioni nomadi della steppa”. A Ciminà, ad esempio, il caciocavallo si fa a due testine, è un formaggio piccolo, allungato, caso unico nel panorama caseario, che però non è adatto alla commercializzazione sul lungo periodo in quanto non adatto ad una stagionatura prolungata; si sta cercando di indirizzare i produttori ad un aumento di pezzatura molto più commerciabile.A proposito ci viene in mente il grande Fabrizio quando cantava … dal letame nascono i fior.
Tutte le foto sono di A. Rocca
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Presidente dell’ APS Osservatorio Ambientale Diritto per la Vita e guida CSEN di trekking
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